Da Černivci a Villasanta: la storia di Nataliia, tra amore, guerra e dolore.

Ho incontrato Nataliia alla manifestazione di Milano del 23 febbraio del 2025, organizzata per il terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. Tra le tante storie emerse in quella giornata, la sua mi ha colpito in modo particolare. C’era qualcosa nei suoi occhi, una miscela di determinazione e dolore che raccontava più di mille parole. Abbiamo deciso di rivederci qualche giorno dopo per approfondire il suo racconto, e ciò che ho scoperto è la storia di una madre divisa tra due mondi, in lotta con l’incertezza e il silenzio.

Nataliia viene da Černivci, una cittadina ucraina al confine con la Romania. Cresciuta in una famiglia modesta, ha sempre lavorato duramente per garantire un futuro al suo unico figlio, Eugeny. Rimasta vedova prematuramente, nel 2015 decide di partire per l’Italia per sostituire temporaneamente un’amica nel lavoro di assistenza domiciliare. Ciò che doveva essere una breve esperienza si trasforma presto in un nuovo capitolo della sua vita: conosce Francesco, un uomo italiano gentile e premuroso, che nel 2019 diventa suo marito. Oggi vivono insieme a Villasanta, in provincia di Monza e Brianza. Ma nonostante la stabilità costruita in Italia, il cuore di Nataliia è rimasto ancorato alla sua terra natale, dove Eugeny è rimasto a vivere.

Nel maggio del 2023, mentre passeggiava per strada con la sua fidanzata a Černivci, Eugeny viene fermato da uomini in divisa e arruolato forzatamente nell’esercito ucraino. Non aveva risposto alla mobilitazione, come molti altri giovani che speravano di poter evitare il fronte. Ma la guerra non lascia spazio a scelte personali. Dopo tre mesi di addestramento a Rivne, Eugeny viene assegnato alla 14ª Brigata e inviato al fronte nella regione di Kharkiv, dove i combattimenti si intensificano giorno dopo giorno.

Il 13 ottobre, Nataliia riesce a parlare con lui per l’ultima volta. Un breve scambio di parole, nessun presagio del dramma imminente. Poi il silenzio. Da allora, nessuna notizia. Eugeny non compare nelle liste dei caduti, né in quelle dei feriti. Non risulta nemmeno tra i prigionieri di guerra ufficialmente riconosciuti. Persino i suoi comandanti non sanno fornire risposte chiare. È come se fosse stato inghiottito dal nulla.

L’unico indizio arriva da Victor, un suo compagno d’armi, che il 15 ottobre contatta Nataliia per riferirle che l’ultima volta che ha visto Eugeny, erano insieme durante un attacco russo. Secondo Victor, Eugeny è stato catturato. Ma oltre questa testimonianza isolata, nessuna conferma. Il suo nome non appare in alcun elenco, ufficiale o ufficioso. Da allora, la sua sorte rimane un mistero.

Da quel momento, la vita di Nataliia cambia radicalmente. Inizia a viaggiare costantemente tra l’Italia e l’Ucraina, cercando disperatamente informazioni su suo figlio. Si muove tra uffici militari, associazioni di prigionieri di guerra, enti umanitari. Ogni viaggio è una nuova speranza, spesso seguita da una nuova delusione. Nel frattempo, si fa portavoce di tutte quelle madri ucraine che, come lei, non sanno se i loro figli sono vivi, morti o dispersi. Partecipa alle manifestazioni sia in Italia che in Ucraina, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica su una realtà che molti ignorano o preferiscono dimenticare.

Ora è in procinto di partire nuovamente per l’Ucraina, in uno dei suoi viaggi alla disperata ricerca di informazioni. L’ansia la consuma, ma la speranza è più forte di tutto: “Non posso stare ferma ad aspettare. Mio figlio è là fuori da qualche parte, e finché avrò forza, continuerò a cercarlo.”

Mentre l’attenzione mediatica oscilla e la guerra continua a logorare un paese intero, storie come quella di Nataliia ricordano il prezzo umano di un conflitto che non conosce tregua. Il dolore delle madri, l’incertezza delle famiglie e il silenzio assordante di chi scompare senza lasciare traccia. Dietro le strategie geopolitiche e le dichiarazioni ufficiali, c’è un’umanità ferita che lotta per non essere dimenticata.

Eugeny al fronte