“Inferno” al Teatro dei Calanchi con la regia di Daniele Onorati

Ad agosto 2023 ho avuto la fortuna di trovarmi in un luogo che sembrava fuori dal tempo: il Teatro dei Calanchi. E non solo per assistere allo spettacolo Inferno, con la regia di Daniele Onorati, ma per raccontarlo con la macchina fotografica al collo e gli occhi ben aperti. È difficile spiegare cosa si prova quando il teatro incontra la terra viva, quando attori e natura si mescolano fino a diventare una cosa sola.

Il Teatro dei Calanchi non è un luogo teatrale nel senso classico. È una ferita della terra, un susseguirsi di creste d’argilla che si sgretolano con il vento, un paesaggio ruvido e poetico che pare sospeso tra il sogno e l’apocalisse. Qui, tra la polvere e il cielo aperto, ogni spettacolo è irripetibile. E Inferno, in quella cornice, è diventato qualcosa di viscerale.

Lo spettacolo, ispirato alla Divina Commedia, non si limitava a raccontare la discesa nell’inferno dantesco: lo faceva vivere, passo dopo passo, tra dannati che emergevano dalla terra e suoni che sembravano venire dal profondo. Il pubblico si lasciava attraversare dalla scena. Era parte del viaggio. Ed era impossibile non farsi toccare.

La regia di Daniele Onorati ha avuto la forza e la delicatezza di ascoltare il luogo, di usarlo non come sfondo, ma come voce viva dello spettacolo. Ogni gesto, ogni parola, ogni pausa sembrava studiata per dialogare con la luce, col vento e con il silenzio.

Ma è stato nel backstage che ho sentito davvero l’anima del progetto. Lì c’erano gli attori, a truccarsi tra uno scherzo e un abbraccio, i parrucchieri che sistemavano ciocche di capelli con calma, tra battute e canti. E intanto, tra una risata e un momento di concentrazione, si percepiva una strana magia: quella di chi fa teatro con passione, senza sovrastrutture, con le mani e con il cuore.

Fotografare tutto questo è stato un privilegio. Non si trattava solo di catturare immagini, ma di restituire emozioni. Ogni scatto era un tentativo di raccontare l’energia di quel gruppo, la fatica, l’intimità, la bellezza ruvida di un’esperienza condivisa. Non erano solo attori, erano anime in cammino, ognuna con la propria voce, tutte unite da un desiderio comune: emozionare, lasciarsi toccare, essere veri.

Daniele Onorati ha saputo tenere insieme tutto questo con delicatezza e visione. Inferno ai Calanchi non è stato uno spettacolo. È stato un incontro. Con la terra, con gli altri, con se stessi. E io, da fotografo, mi sono sentito parte di quel cerchio. Un testimone privilegiato di un piccolo miracolo.

E il bello è che non finisce qui. Ogni anno, nuovi spettacoli tornano a vivere in quel teatro di creta e silenzio. Ogni estate, tra le creste e il cielo, qualcosa si accende di nuovo. E ogni volta, è un'esperienza che lascia il segno.

Tra crepe di terra e anime in cammino
Lo spettacolo...
Il backstage...